a Vicino/Lontano un momento di speranza, con Laura Boldrini e dei veri preti
Oggi ho avuto il piacere di ascoltare l’intervento di Pierluigi Di Piazza, prete e responsabile del Centro di Accoglienza “Ernesto Balducci” di Zugliano, vicino a Udine. Interveniva ad un incontro pubblico nell’ambito del bellissimo festival Vicino/Lontano, che si tiene ogni anno a Udine, assieme a Laura Boldrini, la portavoce per l’Italia dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati.
Di Piazza è stato durissimo nei confronti dell’Amministrazione Regionale, dove la Lega la fa da padrone sui temi dell’immigrazione, tacciandola espressamente di rappresentare tratti di disumanità. Non è stato tenero nei confronti della Chiesa, che avvalla coloro che fanno professioni di cristianità e impugnano strumentalmente il crocefisso, negando nei fatti con le loro politiche quei valori del cristianesimo rappresentanti dal crocefisso. Ha giudicato una bestemmia l’ostentazione del crocefisso che viene fatta nell’aula del Consiglio Regionale, dove poi si cancella, come primo atto della nuova giunta di centrodestra, la legge regionale sull’immigrazione frutto di un lungo lavoro di due anni condiviso tra istituzioni, sindacati e associazioni. E dove si fanno provvedimenti per escludere gli immigrati dal diritti di usufruire dei diritti umani. E non ha risparmiato la responsabilità del centrosinistra, incapace da un lato di riconoscere la paura che esiste ed è forte dell’immigrazione, per poterla accogliere e curare trovando le parole giuste, senza atteggiamenti liquidatori, e dall’altro incapace di dire parole chiare e di formulare proposte precise e alternative rispetto alle politiche securitarie della destra.
Su Laura Boldrini non c’è molto da dire: la conferma di una grande passione per l’umanità, che significa passione e compassione per le singole storie che stanno dietro il dramma dell’immigrazione. Che oggi si possono leggere anche nel suo libro “Tutti fuori”. In una situazione di impazzimento generale e di assedio al senso di umanità, Boldrini ha voluto chiudere con un segno di speranza, raccontando della sua sorpresa per come suo padre, cattolicissimo e intransigente conservatore chiuso ad ogni innovazione e ad ogni confronto con altre culture, abbia scoperto, in un momento di bisogno e di sofferenza, costretto ad avere a che fare con una donna araba di nome Fatima, come si possano superare i pregiudizi e le chiusure e aprirsi al dialogo e al rispetto.
Andrès Tomayo