Senato, una riforma da combattere

Il Senato versione Boschi, per quanto migliorato assai dal Parlamento, resta una porcheria istituzionale. Anche senza considerare l’intreccio con la legge elettorale, la quale prevede un abnorme premio di maggioranza che consentirebbe ad una minoranza nel paese di avere tutti i poteri nelle proprie mani, il Senato per come è congegnato non si capisce a quale logica di riforma istituzionale consegua. Una riforma costituzionale, destinata come tale a proiettarsi nei prossimi decenni più che nelle prossime settimane, e a costruire una architettura istituzionale solida, coerente al suo interno e ispirata ai principi fondamentali della Carta, non deve infatti essere piegata a logiche di piccolo cabotaggio politico e fatta oggetto di mercanteggiamenti tra fazioni e partiti sulla base dei propri immediati interessi. E invece si invoca la riforma del Senato come “biglietto da visita” in Europa per ottenere una applicazione indulgente dei trattati e lasciar crescere di un altro po’ il deficit liberando qualche miliardo per il mantenimento delle promesse del premier sulla riduzione delle tasse. Oppure si vincola l’approvazione della riforma, come pare voler fare il Nuovo Centrodestra,  alla garanzia di ottenere una modifica della legge elettorale che ripristini il premio alla coalizione di liste e non alla singola lista. Del tutto condivisibile nel merito, ma invocata in base a pure logiche di convenienza e interesse del gruppuscolo alfaniano, e come tale suscettibile di essere scambiata con altri favori e concessioni. Oppure si fa della elettività dei nuovi senatori il terreno di confronto e scontro con la minoranza interna del proprio partito, da piegare a tutti i costi, come nel caso del PD, senza alcuna seria presa in considerazione delle ragioni di merito e riducendo squallidamente la materia costituzionale ad un affare intestino a una singola forza politica.

La riforma del Senato trasforma questo ramo del Parlamento in una camera dalle funzioni non ben definite, anzi tanto vaghe, e ritenute ancillari rispetto al tema della elezione diretta che su queste il Governo si dice pronto a trattare. Come se invece non fosse un tema fondamentale quello di definire a cosa serve e cosa deve fare il nuovo Senato. L’enfasi è tutta sulla non elettività del Senato. Non elettività che un sondaggio pubblicato dal Corriere ci dice non essere condivisa dal 75% degli italiani, i quali pure in maggioranza si dicono favorevoli al completamento della riforma, avendo ben assorbito il messaggio a reti unificate sulla fondamentale importanza per il progresso futuro del paese delle riforme istituzionali. La non elettività da parte del corpo elettorale costituito dalle cittadine e cittadini italiani significa che il Senato sarà eletto dai consiglieri regionali. Un sistema bizzarro e ridicolo, privo di alcuna dignitosa motivazione costituzionale e di discutibile legittimità democratica. Questa trovata della elezione cosiddetta di “secondo livello”, per la quale i cittadini eleggono ad una carica delle persone, le quali poi eleggono tra chi andrà a ricoprire altre cariche, non legate per nulla alla carica per la quale i cittadini li hanno votati e senza alcun mandato programmatico o politico, è un meccanismo perverso, che ha come scopo quello di togliere il diritto di scelta ai cittadini per darlo ai partiti. E’ il meccanismo già attuato per le province, i cui vertici sono ora scelti in base agli accordi tra le segreterie provinciali di pochissimi partiti. Ed è quello che si vorrebbe fare per il Senato, dove sarebbero le segreterie regionali dei partiti a decidere chi va a fare il senatore per questa o quella regione.  Con in più l’aggravante che, a differenza che nelle libere elezioni, qua già si saprebbe chi avrebbe la maggioranza al Senato ed è il PD, che conta il maggior numero di consiglieri regionali in Italia. Alla fine dunque lo scopo delle riforme istituzionali è abbastanza chiaro: dare un premio di maggioranza alla Camera che consenta al PD da solo di avere la maggioranza assoluta, e depotenziare il Senato facendolo eleggere con un meccanismo che produca una maggioranza di senatori PD ben controllabili perché emanazione diretta delle strutture del partito. Riforma della Costituzione e nuova legge elettorale costituiscono quindi un vestito su misura delle smisurate ambizioni di un giovane leader di partito. Quando è capitato che alcuni capi di governo o di stato abbiano proposto una modifica della Costituzione che gli avvantaggiava personalmente, il nostro sistema comunicativo ce le ha raccontate come operazioni poco democratiche e finalizzate al potere personale del leader: è capitato così per la riforme costituzionali di Chavez e per quelle, più recenti, proposte da Erdogan. Qui invece ce la raccontano come una esigenza del paese. Ha ragione quindi l’Anpi quando sostiene che si apre nel paese una “questione democratica”. Questa riforma della Costituzione merita di essere disvelata e contrastrata, in Parlamento e nel paese.senato

Senato, una riforma da combattereultima modifica: 2015-10-06T18:23:30+02:00da sdluca1
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