Dalla Leopolda un sostegno all’attuale governo

“Ritorno al Futuro”, il film degli anni ‘80 a cui Matteo Renzi ha dedicato la sua ennesima Leopolda, trattava in realtà di un viaggio nel tempo a ritroso, nel passato, durante il quale il giovane protagonsita riesce a introdurre modificazioni nel corso degli eventi che avranno effetti positivi per la sua famiglia e per la sua comunità. Niente di tutto questo ha a che fare con ciò che il raduno dei nostalgici renziani è in grado di realizzare. Il passato non si modifica, ed il passato è quello di anni di governo nei quali il PD di Renzi ha avuto mano libera nel fare e disfare. Usufruendo di una congiuntura positiva dovuta al contesto di ripresa economica europea e al bassissimo tasso di interesse sui titoli di stato grazie all’intervento della Banca Centrale Europea, nonché al cambio di passo della Commissione Europea che ha concesso una flessibilità di 30 miliardi di deficit. Questa congiuntura favorevole Renzi l’ha utilizzata per distribuire bonus a pioggia, anche ai ricchi, e per ridurre le tasse alle imprese. Con il corollario di togliere diritti ai lavoratori per rafforzare la parte datoriale nel mercato del lavoro e consentire maggiore facilità di licenziamento, di estendere l’utilizzo del contratto a tempo rendendolo di fatto indiscriminato, di liberalizzare di fatto l’utilizzo del voucher come strumento per sottopagare il lavoro e privarlo di diritti.

Il risultato è che il tasso di crescita dell’Italia è stato il più basso tra i paesi europei, e in questi ani la disuguaglianza è aumentata, andando a espandere in maniera paurosa l’area della povertà.

Quella perseguita dai governi sedicenti di centrosinistra (ma significativamente costituiti dall’alleanza con il “nuovo centrodestra”) è stata una politica redistributiva all’incontrario, tecnicamente di destra liberale e liberista che non si occupa di ridurre le disuguaglianze sociali ma ritiene che siano figlie della giusta logica di mercato che premia i meritevoli. La scelta di campo a favore di Marchionne che esce da Confindustria e pone il ricatto occupazionale al referendum per peggiorare le condizioni di lavoro degli operai, e contro la CGIL e il ruolo del sindacato in generale sta tutta dentro questa logica.

L’idea di inglobare la destra e il suo elettorato all’interno del PD renziano ha prodotto la fuga di buona parte dell’elettorato storico del centrosinistra e l’avvicinamento temporaneo dell’elettorato di destra in attesa di una riorganizzazione di quel campo, che ha prodotto il miraggio del 40% di consenso poi svanito miseramente. Ma l’aver adottato e quindi confermato le parole d’ordine della destra da parte renziana ha rafforzato la rimonta e la riproposizione, in forme anche peggiori delle precedenti, di quel campo.

Nella ricerca cinica ed esasperata del consenso, indifferente a qualsiasi collocazione valoriale e identitaria, il renzismo ha praticato il populismo e l’antipolitica becera sia nelle forme che nella sostanza. L’abolizione della natura democratica delle province è stata smerciata come taglio di poltrone, il quesito referendario di deturpazione della Costituzione è stato smerciato come abolizione delle poltrone dei politici. Un inseguimento sciocco e acritico del populismo antidemocratico grillino che ha alimentato e non placato quel rancore eversivo.

La polemica antieuropeista di stato è stata inaugura dal Renzi, giunto al punto di togliere dal suo ufficio la bandiera dell’Unione Europea. Pare su consiglio del ridicolo JimMessina, ingaggiato da Renzi per la battaglia campale sul referendum a suon di centinaia di migliaia di euro, mandando a quel paese le finanze del Partito immolato sull’altare dei sogni di gloria dell’aspirante patrigno costituente. Così come l’attacco alla Commissione Europea è stata una prerogativa del renzismo tanto che a gennaio 2016 Juncker dichiarava: “Ritengo che il primo ministro italiano, che amo molto, abbia torto a vilipendere la Commissione a ogni occasione, non vedo perché lo faccia”.

Il Pd renziano oggi adotta anche il linguaggo trucido e lo stile urlato dei grillini. Come scrive Alessandro De Angelis: “Ci mancava solo un bel “vaffa” in nome del “popolo” della Leopolda, contro i “cialtroni” e “gli incompetenti” che stanno sfasciando il paese. Nessuno si sarebbe stupito, anzi sarebbe stata l’apoteosi della Leopolda populista, dove la sconfitta epocale della sinistra è affogata nella rimozione e nella celebrazione dell’ortodossia renziana. “Quelli che restano”, colonna sonora dell’evento, sono quelli che “non rinnegano”, che “non si scusano”, che mitizzano gli anni del governo, senza mai analizzare perché “cialtroni” e “incompetenti” li abbiano travolti.” E così in Parlamento il superenziano Faraone ama sfottere il ministro delle infrastrutture chiamandolo “Toninulla”, storpiandone il nome alla maniera degli sbavanti fanatici del Vday.

Ora Renzi lancia l’esperimento dei comitati “contro il governo dei cialtroni”, ma sarebbe giusto dire “dei cialtroni di adesso”, per costruirsi un partito parallelo al PD, buono per condizionare il difficilissimo processo di derenzizzazione che solo può salvare quel soggetto politico, o per prendere eventuali altre strade. L’obiettivo oggettivo a medio termine, come scrive Paolo Mieli, è al fondo tifare per il successo di una coalizione di centrodestra. L’obiettivo immediato, facilmente raggiungibile, è il rafforzamento dell’attuale maggioranza, bloccando la nascita di una alternativa di governo credibile e desiderabile.Ritorno-al-futuro-cortometraggio-Doc

Dalla Leopolda un sostegno all’attuale governoultima modifica: 2018-10-22T18:01:26+02:00da sdluca1
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