Immigrazione

a Vicino/Lontano un momento di speranza, con Laura Boldrini e dei veri preti

boldrini di piazza.jpgC’era una poesia, l’ho studiata alle medie, che parlava del grigio. Tutto era grigio e triste, agli occhi del poeta, fino a quando l’allegro saltellare di un passerotto, grigio anch’esso, riconciliava il poeta con tutto il grigio attorno. La stessa sensazione di quel poeta mi coglie, a volte, di fronte all’incontro con l’esempio e la personalità di alcuni preti, i cosiddetti “presti scomodi” o “pretacci”, che riconciliano con tutto quanto di assolutamente detestabile rappresenta ai miei occhi il mondo della chiesa cattolica. In questo caso il colore è il nero, più che il grigio, ma la sopresa, piacevole, di scoprire degli esempi di cristianesimo vero tra dei sacerdoti, dà un po’ di speranza e di sollievo. Speranza che il mondo cattolico non sia tutto preso dall’ansia di regresso e restaurazione che aleggia in Vaticano.

Oggi ho avuto il piacere di ascoltare l’intervento di Pierluigi Di Piazza, prete e responsabile del Centro di Accoglienza “Ernesto Balducci” di Zugliano, vicino a Udine. Interveniva ad un incontro pubblico nell’ambito del bellissimo festival Vicino/Lontano, che si tiene ogni anno a Udine, assieme a Laura Boldrini, la portavoce per l’Italia dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati.

Di Piazza è stato durissimo nei confronti dell’Amministrazione Regionale, dove la Lega la fa da padrone sui temi dell’immigrazione, tacciandola espressamente di rappresentare tratti di disumanità. Non è stato tenero nei confronti della Chiesa, che avvalla coloro che fanno professioni di cristianità e impugnano strumentalmente il crocefisso, negando nei fatti con le loro politiche quei valori del cristianesimo rappresentanti dal crocefisso. Ha giudicato una bestemmia l’ostentazione del crocefisso che viene fatta nell’aula del Consiglio Regionale, dove poi si cancella, come primo atto della nuova giunta di centrodestra, la legge regionale sull’immigrazione frutto di un lungo lavoro di due anni condiviso tra istituzioni, sindacati e associazioni. E dove si fanno provvedimenti per escludere gli immigrati dal diritti di usufruire dei diritti umani. E non ha risparmiato la responsabilità del centrosinistra, incapace da un lato di riconoscere la paura che esiste ed è forte dell’immigrazione, per poterla accogliere e curare trovando le parole giuste, senza atteggiamenti liquidatori, e dall’altro incapace di dire parole chiare e di formulare proposte precise e alternative rispetto alle politiche securitarie della destra.

tomayo.jpgDi Piazza ha presentato poi un altro prete anomalo, Andrès Tamayo, leader della protesta in Honduras, che per la sua lotta alle multinazionali che sfruttano e impoveriscono quel paese è sfuggito a cinque tentativi di assassinio, è stato espulso dal paese dopo il golpe dell’anno scorso e ora è ospitato al centro Balducci. Tamayo è intervenuto comunicando tutta la passione e la forza di una lotta vera e vissuta in prima persona e a rischio della vita, richiamando le responsabilità della diplomazia e delle multinazionali italiane nella rapina ai danni del popolo honduregno. E testimoniando ancora una volta quanta assenza di informazione vi sia da noi su ciò che accade nel mondo e in Honduras, dove si è arrivati ad avere in piazza un milione di persone che, a dispetto dei tentativi delle istituzioni, in balìa e al soldo delle multinazionali, e delle condiscenti gerarchie cattoliche locali, hanno continuato e continuano a rivendicare i propri diritti.

Su Laura Boldrini non c’è molto da dire: la conferma di una grande passione per l’umanità, che significa passione e compassione per le singole storie che stanno dietro il dramma dell’immigrazione. Che oggi si possono leggere anche nel suo libro “Tutti fuori”. In una situazione di impazzimento generale e di assedio al senso di umanità, Boldrini ha voluto chiudere con un segno di speranza, raccontando della sua sorpresa per come suo padre, cattolicissimo e intransigente conservatore chiuso ad ogni innovazione e ad ogni confronto con altre culture, abbia scoperto, in un momento di bisogno e di sofferenza, costretto ad avere a che fare con una donna araba di nome Fatima, come si possano superare i pregiudizi e le chiusure e aprirsi al dialogo e al rispetto.

Andrès Tomayo

 

Immigrazioneultima modifica: 2010-05-10T01:09:00+02:00da sdluca1
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