IMU, Imposta Municipale Iniqua

L’opposizione sbracata che la Lega sta facendo all’attuale Governo e ai suoi provvedimenti, come l’evocazione della disubbidienza fiscale da parte dei comuni nell’applicazione dell’IMU, è ben poco credibile, dato che proviene da chi stava al governo fino a poche settimane fa e sostenevimagesCAAPZOB8.jpga cose diverse da quelle che ora sbandiera con foga. Ma la beceraggine leghista non deve far incorrere nell’errore di una esaltazione acritica del governo dei tecnici e dei loro provvedimenti, che invece appaiono largamente criticabili e ben poco segnati da raffinatezza tecnica e tantomeno da elementi di equità. Ora la strana maggioranza che sostiene il governo è impegnata ad archiviare in fretta la cosiddetta “fase 1”, quella dei sacrifici, e lanciare la fase della crescita. Ma in realtà la fase 1, se ha esaurito in un paio di settimane e in un paio di voti di fiducia il proprio iter parlamentare, deve ancora entrare nel vivo dell’applicazione concreta delle misure che colpiscono i redditi degli italiani. Da gennaio avremo buste e pensioni più leggere, grazie all’aumento della parte regionale dell’IRPEF. Da gennaio debutta la nuova imposta che sostituisce l’ICI, la famigerata IMU. E l’IMU versione Monti è una tassa ingiusta, per diverse ragioni. È una imposta che si applica indipendentemente dal reddito del proprietario.

 

Sulla casa di residenza, detta comunemente “prima casa” anche se con termine impreciso, si applica l’IMU con una aliquota ordinaria dello 0,4 %, che i Comuni possono portare a 0.6 oppure ridurre a 0,2, su una base imponibile che è aumentata del 60% rispetto al meccanismo dell’ICI.  Un volta calcolata l’imposta, si applica una detrazione di 200 euro, che viene aumentata di 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni fino al quarto, indipendentemente dal reddito del proprietario o del nucleo famigliare, e indipendentemente dal fatto che il figlio sia o meno fiscalmente a carico. In questo modo anche Veronica Lario può usufruire della detrazione maggiorata, e lo potrebbero fare anche Briatore e Marchionne, se risiedessero in Italia. Tutti infatti hanno dei figli con meno di 26 anni. Un anziano o una coppia di anziani con la pensione al minimo non hanno invece questa possibilità e devono limitarsi alla detrazione standard. Se poi l’anziano o gli anziani finiscono in casa di riposo, perdono la detrazione e pagano la tassa per intero, a meno che il comune con apposita delibera non stabilisca di considerarla ancora come abitazione principale. Lo sconto è riconosciuto solo per la presenza di figli, anche se a quell’età potrebbero anche produrre un reddito e dunque aumentare le disponibilità economiche della famiglia, e non invece di anziani non autosufficienti e disabili gravi o non autosufficienti. Il Governo è stato del resto sconfitto alla Camera su un ordine del giorno della Lega che chiedeva un dimezzamento dell’imposta in presenza di disabili gravi.

 

Un caso molto spiacevole è quello delle abitazioni date in uso a famigliari: è tipico il caso dei genitori che hanno costruito o acquistato la casa dove abita il figlio o la figlia, o che si tengono l’usufrutto di una abitazione donata ai figli. Con l’ICI questi genitori avevano in quasi tutti i comuni il diritto alla detrazione per abitazione principale anche sull’abitazione in uso gratuito, ora con l’IMU viene considerata come seconda casa, senza detrazione e con l’aliquota più alta.

 

L’IMU è una imposta poco progressiva. Sulle abitazioni dove non si ha la residenza si paga l’IMU per intero, con una aliquota ordinaria dello 0,76%, che il comune può aumentare fino a 1,0 o ridurre fino a 0,46%. In questo caso l’IMU assorbe anche l’imposizione IRPEF sul fabbricato. Attualmente, chi possiede una abitazione a disposizione, cioè non di residenza e non affittata, paga l’IRPEF sul valore di quel fabbricato (rendita catastale rivalutata al 5% e poi aumentata di un terzo) come fosse un reddito aggiuntivo rispetto agli altri, dunque tassato con l’aliquota più alta. Se il reddito complessivo non supera gli 8.000, come ad esempio nel caso di un pensionato al minimo o poco sopra il minimo o di una lavoratrice part-time,  non si paga comunque nulla su quella abitazione. Se un lavoratore o un pensionato ha invece un reddito sopra i 15.000 e sotto i 27.000 euro annui, sul valore della casa a disposizione pagherà il 27%. Se è sopra i 55.000 pagherà il 41% o il 43%. Insomma, una tassazione progressiva in base alle tabelle IRPEF che ora viene invece eliminata e assorbita dall’IMU, uguale per tutti. Un ricco potrebbe guadagnarci, un povero potrebbe pagare di più. Inoltre, chi ha affittato la casa continuerà a pagare l’IRPEF sull’affitto come prima, e pagherà l’IMU magari in misura più alta rispetto all’ICI precedente, risultando perciò penalizzato rispetto a chi lascia sfitta l’abitazione. I Comuni possono prevedere una aliquota più bassa per le case locate, ma dovranno fare i conti con i tagli ai trasferimenti previsti nella manovra, e con il fatto che metà del gettito dell’imposta, ad esclusione di quella per abitazione principale, se la tiene lo stato. Ma la metà dell’imposta viene calcolata non sul gettito riscosso in base alle aliquote stabilite dal comune, ma in base all’aliquota ordinaria dello 0,76%. Se ad esempio un comune riducesse al massimo l’aliquota, dallo 0,76 allo 0,46, lo stato si terrebbe comunque 0,38 e quindi al comune resta lo 0,8%.

 

Il Governo si è preoccupato nella manovra di limitare la possibilità di manovra dei Comuni. Si prevede infatti che i Comuni possano aumentare la detrazione per l’abitazione principale, ma che se lo fanno non possono aumentare l’aliquota ordinaria dello 0,76 per le case sfitte. Si cerca di scoraggiare una possibile manovra dei Comuni, quella di aumentare la detrazione sulle prime case e quindi mantenere l’esenzione dall’imposta per molte famiglie, compensando il calo di gettito con un aumento dell’imposta sulle case vuote. La ragione di questa limitazione è piuttosto misteriosa, o meglio si spiega con la volontà di far pagare l’imposta a quante più famiglie possibile.

 

In definitiva, l’applicazione dell’IMU, dalla quale il governo si aspetta 11 miliardi, non risponde a criteri di equità, sia perché si applica alle prime case indipendentemente dal reddito, dunque funziona come una imposta sul bene e non sul reddito. Ma poi aumenta di 50 a figlio la detrazione, e allora non è più sul bene ma sulla composizione famigliare. E sia perché, trattandosi di un bene primario come l’abitazione e non di un bene di lusso, sarebbe il caso dall’’imposta fossero esentate le famiglie con redditi medi e medi bassi, dato che l’assorbimento dell’IRPEF sui fabbricati nell’IMU agevola di molto, rispetto alla situazione precedente, i redditi alti possessori di molte abitazioni.

 

Ora si apre una partita difficile per i comuni, chiamati a fare delle scelte sulle aliquote e sulle detrazioni ma costretti entro paletti e limiti molto vincolanti. Ma ormai è solo dal livello comunale che si potrà reimmettere un po’ di equità nella applicazione della nuova tassa.

 

IMU, Imposta Municipale Iniquaultima modifica: 2011-12-26T22:15:56+01:00da sdluca1
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