Posizioni chiare e alternative per uscire dalla crisi

 

La via di uscita dalla attuale situazione di crisi sociale, economica e politica nella quale versa l’Italia passa attraverso la chiusura della parentesi pseudo-tecnica e il ritorno alla normalità democratica. E’ indispensabile che anche il nostro paese, come tutte le democrazie del mondo, affidi ai cittadini la scelta fondamentale su quale strada imboccare in futuro. Se scegliere la destra, cioè la ostinata e cocciuta applicazione di politiche di austerità sotto (bene accetta) dettatura, mascherata, nella versione populista, con qualche proclama antitedesco e con singole misure demagogiche che non intaccano il segno sociale complessivo: di più ai ricchi e di meno ai poveri. O la sinistra, quindi la ricerca di percorsi non obbligati per mettere in pratica, e non solo in parole, la tanto invocata “equità”, che noi preferiamo declinare come “giustizia sociale”; e allora, redistribuzione della ricchezza (l’Italia è ai vertici di tutte le misurazioni sulla disuguaglianza tra i più ricchi e i più poveri) colpendo le rendite finanziare e fondiarie e alleggerendo il carico fiscale sul lavoro e sulle pensioni, azioni concrete contro la precarietà, con l’introduzione di misure come il reddito minimo e il disboscamento radicale della selva di contratti e contrattini di ogni sorta nella quale si smarriscono intere generazioni, rilancio di una politica industriale, per non restare succubi del marchionnismo e per ridare un ruolo e un futuro al nostro sistema produttivo all’insegna della sostenibilità umana e ambientale, riconversione ecologica dell’economia, ponendo come prioritaria grande opera pubblica per il paese la messa in sicurezza del fragilissimo territorio nazionale, taglio alle mostruose spese militari per i cacciabombardieri, estensione dei diritti sociali e individuali, tutela dei beni comuni dalle grinfie privatizzatrici.

Per aprire nuove strade alla speranza di un cambiamento, va denunciato e smontato un costrutto ideologico che rischia di condurci con i paraocchi e a testa bassa verso situazioni di tipo perlomeno greco. E’ l’idea che i problemi del nostro paese derivino da una presunta bella vita che avrebbero condotto i lavoratori e i pensionati italiani, trattati troppo generosamente dai vari governi (il cosiddetto “buonismo sociale”), e che quindi ora bisogna essere socialmente cattivi per ristabilire l’equità; è l’idea, professata esplicitamente da quella Banca Europea che ci ha prescritto i compiti a casa ai quali il governo si applica con tanto zelo, che la disoccupazione si combatte non attraverso politiche pubbliche finalizzate alla creazione di posti di lavoro, ma abbassando i salari e le tutele; è l’idea che se c’è chi ha qualche diritto e chi non ne ha nessuno, “equità” significhi togliere i diritti a chi ce li ha e non invece darne a chi ne è privo. E’, al fondo, l’idea che lo stato sociale è un lusso che le leggi del mercato non ci concedono di coltivare, anziché la cifra dell’esperienza civile e democratica europea e uno degli elementi di forza e tenuta del nostro paese. A smontare questa ossessione ideologica non bastano le statistiche che periodicamente ci confermano che abbiamo gli stipendi più bassi d’europa, una disoccupazione giovanile spaventosa, un’ascensore sociale fuori uso, la povertà crescente. La mistica dello spread e i responsi oracolari degli oscuri “mercati” di cui proliferano zelanti sacerdoti e interpreti puntano ad annullare il collegamento tra la vita reale delle persone e le scelte del potere, attribuendo al Fato oscuro il frutto di scelte politiche ed economiche ben precise, figlie dell’ideologia e della mitologia liberista.

Perché la politica serva a qualcosa, e non solo a garantire prehollande.jpgbende, è indispensabile che nel nostro paese si riapra una dialettica europea, vedi il caso francese, nella quale si confrontano idee e progetti alternativi e gli elettori scelgono, possibilmente in maniera libera (e qui si aprirebbe tutta un’altra questione…). La cancelliera Merkel ha fatto campagna elettorale per Sarkozy e si è financo rifiutata di ricevere l’allora candidato socialista Hollande, mentre in Italia sono invece troppi a desiderare che sia la Merkel a decidere i programmi e il gradimento sia dell’uno che dell’altro schieramento. Ma continuando sulla strada dell’abdicazione della politica e degli eletti in favore di presunti “tecnici”, dichiarando di fatto l’inutilità della politica e, in ultimo, della stessa democrazia, e facendo di tutti i partiti un fascio, allora quella che alcuni chiamano antipolitica diventerà in realtà una delle poche politiche ancora disponibili. Per questo l’inizio di una possibilità concreta di cambio di rotta, manifestatosi nei giorni scorsi con l’avvio del percorso di centrosinistra verso le primarie nazionali, per quanto incerto e incompleto va custodito con cura e sottratto alle enormi pressioni normalizzatrici, interne ed esterne al paese, che gravano e graveranno su ogni speranza di cambiamento.

Posizioni chiare e alternative per uscire dalla crisiultima modifica: 2012-08-07T15:45:00+02:00da sdluca1
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