Dopo Martini, la sinistra allarghi i diritti, senza attendere benedizioni

images?q=tbn:ANd9GcQV2kqtV5qP1t6J-XVfWVOTZ-Jn8XPKMAVrits1eNW27V3SIRMc Quello che rappresentava la voce del cardinal Martini era l’idea che la Chiesa potesse essere diversa da quella oggi incarnata dalle gerarchie vaticane. Il grande affetto che la popolazione gli ha dimostrato in questi giorni dimostra che, nonostante l’enorme potenza che il Vaticano riesce ancora a dispiegare e a ostentare, quella speranza di cambiamento anima gran parte della comunità cattolica italiana, e non solo. Per la sinistra questo significa che i rapporti con il mondo cattolico non devono risolversi nel dibattito politicistico sui rapporti con l’UDC o nella ricerca degli imprimatur di oltre Tevere. Oggi le gerarchie vaticane, egemonizzate dall’area culturale conservatrice che ha trionfato in questi ultimi anni nella vita della Chiesa Cattolica, si ergono a custodi di una ortodossia che gerarchizza i valori, subordinando le questioni del dialogo interculturale, dell’apertura al diverso, della giustizia sociale e della solidarietà ai valori “non negoziabili” relativi alla procreazione, al fine vita e alla morale sessuale. E’ un impianto dottrinale che conduce le gerarchie a scelte politiche condizionate dalla compiacenza della classe politica su temi come la legge 40 sulla fecondazione assistita, il no al testamento biologico, il no al matrimonio gay, e non invece sulle scelte che riguardano i diritti degli ultimi, la solidarietà ai migranti, la lotta contro l’illegalità, la redistribuzione delle ricchezze. E quindi a scegliere di appoggiare la destra che, come disse testualmente Berlusconi, “non può che compiacere” il Vaticano, pur restando totalmente estranea a quello che comunemente si intende per “spirito cristiano”. Il capo della Cei lo va ripetendo da tempo, e lo disse anche al famoso convegno di Todi al quale parteciparono tre futuri ministri del governo tecnico, Passera, Ornaghi e Riccardi, e che diede il via libera alla sostituzione di Berlusconi con Monti, e lo ha ripetuto poco prima di Ferragosto, mentre si va parlando di una nuova Cosa Bianca in via di formazione. Afferma infatti il cardinal Bagnasco che “i valori non sono tutti uguali, ma esiste una interna gerarchia e connessione; che l’etica della vita e della famiglia non sono la conseguenza ma il fondamento della giustizia e della solidarietà sociale”. Su questa idea, per la quale vengono prima i diritti dell’embrione rispetto ai diritti delle persone in carne ed ossa, certamente il cardinal Martini non avrebbe convenuto. E su una impostazione così rigidamente dogmatica, il dialogo non può realizzarsi, perché non è una interlocuzione che si richiede alle istituzioni, ma una loro sottomissione. La purezza del dogma non può essere intaccata da considerazioni umanitarie, né da considerazioni misericordiose sulle sofferenze dell’umanità. Le uniche circostanze terrene che pare possano innescare sensibilità e ascolto da parte delle gerarchie paiono essere quelle relative ai trasferimenti del denaro dei contribuenti italiani alla Conferenza Episcopale, tramite 8 per mille o esenzione Imu o finanziamenti agli istituti eccelsiastici di vario genere. Ecco, quindi, perché il venir meno della voce del cardinal Martini impoverisce pesantemente il dibattito culturale italiano e dovrebbe spingere tutta la sinistra a superare le troppe reticenze e aprire un fronte di dialogo diretto con le cittadine e i cittadini cattolici, senza curarsi delle scomuniche delle gerarchie cattoliche e dei loro zelanti zerbini politici presenti al destra, al centro e a sinistra. La Repubblica Italiana non avrà forse accumulato un ritardo di 200 anni, come diceva Martini della Chiesa Cattolica, ma almeno qualche decennio da recuperare il Parlamento italiano ce l’avrebbe davvero.

Dopo Martini, la sinistra allarghi i diritti, senza attendere benedizioniultima modifica: 2012-09-06T09:59:45+02:00da sdluca1
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