O si cambia o si muore

 Ci avevano raccontato che le elezioni servivano a verificare se il centrosinistra avrebbe potuto governare da solo oppure sarebbe stato costretto ad allearsi con Monti. Ed invece il paese ha dimostrato di non sapersene che fare del sedicente “salvatore della patria” Monti Mario, ed anzi di non poterne più di una politica di austerità a senso unico.

L’argomento sul quale venivano interpellate le forze politiche di centrosinistra era uno solo: “farete l’alleanza con Monti?”. Repubblica apriva in prima pagina annunciando un assenso, che in realtà non c’era, di Vendola sull’alleanza con Monti. Il Monti che ha speso la campagna elettorale a chiedere l’allenza con il PD e l’emarginazione di SEL e della CGIL, cioè la rottura dell’alleanza di centrosinistra. E il centrosinistra, con il suo candidato premier che non ha rinunciato per un secondo a presentarsi come segretario del PD anziché leader della coalizione, ha subito questa rappresentazione alterata della partita in corso e ha dato risposte ambigue per non chiudere nessuna porta.

Insomma, un delirio politicista figlio in buona parte di un giornalismo di palazzo del tutto malato e dannoso per la democrazia italiana, che ha trovato il suo brodo di coltura nelle incertezze del centrosinistra. Mentre il paese, fuori dalle redazioni, piombava nella peggior recessione della sua storia recente, con livelli di disperazione e di sofferenza sociale costantemente sottaciuti e sottorappresentati dal sistema informativo.

Nel frattempo Berlusconi puntava sul richiamo della foresta del suo elettorato, attraverso una campagna elettorale del tutto priva di scrupoli, promettendo condoni fiscali e edilizi e soldi contanti agli sportelli postali. Con la sapienza comunicativa di utilizzare i mezzi di informazione per la propria campagna e di non farsi utilizzare dai mezzi di informazione per la loro campagna. E Grillo lucrava sul malcontento sociale, mescolando abilmente tutte le insofferenze presenti nel paese, da quella contro la casta (figlia di un lungo filone giornalistico e politico) a quella contro la politica economica feroce dei bocconiani, a quella contro l’esistenza stessa del fisco a quella contro un opposizione a Berlusconi sempre incapace di sconfiggerlo in maniera definitiva, a quella contro un modello di sviluppo fallimentare.

Se questo è il racconto delle ultime fasi della campagna elettorale, ovviamente quelle dinamiche sono figlie di fenomeni e processi più profondi e precedenti.

C’è un punto che nel centrosinistra non si è mai chiarito in maniera definitiva: la natura radicalmente alternativa o meno di quella proposta rispetto all’esperienza del governo Monti. Anche le primarie non sono state risolutive, dato il grande successo della candidatura di Renzi  che alludeva ad una affinità elettiva del PD rispetto al montismo più che ad una impostazione keynesiana come quella sostenuta dalla CGIL e da Vendola. Ed una posizione di Bersani che teneva assieme, senza conciliarle, posizioni più di sinistra  assieme a posizioni espressamente centriste. Così come la Carta di Intenti, il documento alla base dell’alleanza Italia Bene Comune, si prestava, e infatti ha ricevuto, interpretazioni diverse e opposte, senza sciogliere dunque il nodo del giudizio sull’esperienza del governo di larghe intese con Monti.

Non aver reciso con nettezza il legame con il governo Monti lasciando aperta, anzi spalancata, la porta ad una nuova alleanza con Monti, Fini e Casini, ha lasciato la rappresentanza del malessere sociale del paese a Berlusconi, che in nome di quella ha messo fine anticipatamente alla vita del governo Monti, e a Grillo che contro l’ammucchiata di PD, PDL e UDC e contro la politica economica di Monti il rigorista ha sempre tenuto toni altissimi.

Con tutte queste remore la proposta politica del centrosinistra ha parlato solo ad una parte del paese, non riuscendo a raggiungere quella parte che invece avverte maggiormente il distacco e la disillusione rispetto alla politica attuale, e che aveva dunque bisogno di un messaggio di cambiamento più netto, più comprensibile, insomma di ritrovare una speranza.

Ora la partita da giocare è totalmente nuova. Non è nuova purtroppo la situazione drammatica del paese: la povertà è aumentata repentinamente nell’ultimo anno, l’incertezza e il rischio sono i compagni di vita dei lavoratori, si è verificato un impoverimento generale delle famiglie, le imprese sono al limite della sostenibilità, i giovani vedono prospettive positive solo abbandonando il paese. O la politica avverte su di sé il peso enorme del destino di milioni di donne e uomini e si fa carico di uscire dallo stallo in maniera coraggiosa e innovativa, o si rischia di accelerare la marcia indietro che i l paese ha avviato, pregiudicando il futuro per i prossimi decenni.

La proposta di un governo di centrosinistra che si caratterizzi per un programma di cambiamento sul quale puntare a ottenere la maggioranza anche al Senato grazie al Movimento5 Stelle, è allo stato attuale l’unica soluzione che tiene assieme l’esigenza di avere un governo con l’esigenza improcrastinabile del cambiamento. Senza un cambio di rotta rispetto al berlusconismo e al montismo  l’Italia è condannata ad un agonia greca, ed ogni più cupo scenario civile  e democratico diventa possibile.

Chiunque vede la difficoltà del tentativo e la resistenza di Beppe Grillo ad entrare in una logica di forza politica responsabile che accetta il confronto democratico e rinuncia agli anatemi e alle rivendicazioni di purezza. Ma questo non deve far demordere dal tentativo di riportare ragionevolezza all’interno delle forze di cambiamento, e di riportare la discussione politica all’interno della dimensione istituzionale propria, quella parlamentare. D’altra parte qualsiasi altra soluzione, governo tecnico  o governassimo con il coinvolgimento del PDL, non sarebbe in grado neanche di cominciare a prosciugare il mare di guai nel quale rischiamo tutti di annegare. Ne vedremo delle belle.

O si cambia o si muoreultima modifica: 2013-03-13T15:45:00+01:00da sdluca1
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