Tares, un balzello da eliminare

La brutta Tares va in coppia con la famigerata Imu, frutto di un parto gemellare del governo degli impositori tecnici. Nel decreto cosiddetto “Salva Italia” del Governo Monti dicembre 2011, dopo gli articoli che introducevano la ben nota imposta erede dell’Ici, seguivano quelli che introducevano l’erede della Tarsu. Sia un caso che nell’altro, le nuove imposte, pensate dal governo Berlusconi come attuazione del federalismo fiscale, venivano peggiorate rispetto a quelle già pesanti elaborate dalla destra, e soprattutto venivano utilizzate non per aumentare l’autonomia impositiva degli enti locali ma per ridurla, e costringere i Comuni ad applicare imposte impopolari per far fronte ai mancati trasferimenti che il Governo metteva subito a bilancio. Per l’Imu è andata come sappiamo e oggi tutti ne chiedono perlomeno la modifica, dopo aver registrato l’impatto violento che ha avuto sui bilanci delle famiglie e delle aziende italiane.tares,

Per la Tares il percorso previsto era un po’ più lungo. Doveva entrare in vigore dal 1 gennaio 2013 (in quattro rate: gennaio, aprile, luglio, dicembre), poi è stata spostata ad aprile (3 rate), poi è stata spostata al 1 luglio (2 rate). Ora forse si pagherà da maggio.

L’applicazione della prima rata della Tares a luglio si sommerebbe all’aumento dell’iva sugli acquisti dal 21 al 22% e alla prima rata dell’Imu, realizzando una concentrazione di prelievo fiscale sulle famiglie e sui lavoratori difficilmente sostenibile e tollerabile.

Dall’altra parte, aver spostato a luglio la prima rata della Tares, mentre negli anni scorsi la Tarsu o Tia veniva incassata nei primi mesi dell’anno, genera problemi di liquidità ai Comuni che devono pagare le imprese fornitrici del servizio di gestione dei rifiuti e devono aspettare l’estate inoltrata per incamerare i soldi necessari

L’Associazione dei Comuni chiedeva perciò un rinvio al 2014 dell’entrata in vigore della Tares, e poter proseguire così con la Tarsu e la Tia nel 2013. La richiesta era stata sposata dalla Presidente della Camera Boldrini che aveva scritto nel merito al Governo, nonché dalla Conferenza delle Regioni. Mozioni del PD e del PDL in parlamento chiedono la stessa cosa. Cgil Cisl e Uil, in rapporto ai problemi occupazionali che si sarebbero creati nel settore dei servizi pubblici, hanno chiesto invece di spalmare la Tares in più scadenze, anticipando la prima, in modo da non farla coincidere con Imu e aumento Iva.

I Sindaci del Trevigiano che si sono mobilitati sotto la guida del sindaco di Zero Branco e di Silea, non si limitano a contestare la tempistica e la dimensione dei tagli ai trasferimenti, ma contestano la natura stessa della nuova imposta. La Tares prevede che, oltre alla copertura delle spese per il servizio dei rifiuti, vi sia una maggiorazione di 0,30 Euro al metro quadro (che il singolo Comune può aumentare a 0,40) per copertura della spesa per i servizi “indivisibili”, cioè destinati a tutta la collettività, come l’illuminazione pubblica o la manutenzione stradale. Già questa maggiorazione è una stranezza giuridica: ad una tassa su un servizio puntuale come quello della raccolta rifiuti, che in molti comuni era diventato una tariffa, calibrata anche sul numero di svuotamenti del rifiuto secco non riciclabile, ora si mescola una tassa comunale indistinta, basata sulla superficie calpestabile, per coprire dei servizi che sono propri della gestione di un ente locale. I comuni fanno da semplici riscossori, perché quanto entrerebbe dalla maggiorazione sarebbe sottratto a quanto entra dai trasferimenti statali, se va bene. Se va male, il governo potrebbe stimare un introito maggiore di quello effettivo del comune e operare un taglio ai trasferimenti superiore all’effettivo incasso. I Sindaci intendono sollevare il problema della incostituzionalità della tassa, puntando alla sua abolizione.

La tassa è effettivamente iniqua, perché grava sul possesso e non sulla proprietà dell’immobile. Sono soggetti all’imposta anche i cittadini che abitano in affitto e non possiedono una abitazione, l’unico criterio è quello della superficie calpestabile indipendentemente dal valore dell’immobile, dal fatto che sia in campagna o periferia o in centro città, indipendentemente dal reddito del contribuente. Di fatto, è una imposta statale aggiuntiva a tutte le altre, mascherata da tassa, applicata in maniera ingiusta. Non si rispetta l’obbligo di progressività della tassazione previsto dalla Costituzione, e in questo purtroppo non è una grossa novità, dato che tutti gli aumenti previsti, pensiamo all’Iva, tendono a colpire il consumatore finale, e colpiscono ovviamente di più chi ha poche risorse e quindi le utilizza tutte per i consumi.

La mobilitazione dei Sindaci è perciò da condividere e sostenere.

Dall’incontro del governo di mercoledì con l’Anci emerge la proposta di anticipare la prima scadenza a maggio, e relegare all’ultima rata a dicembre il pagamento della maggiorazione per i servizi indivisibili, forse anche con un sistema di pagamento separato che evidenzi il fatto che quell’introito va allo stato e non ai comuni. In questo modo non cambia l’onere totale della Tares sui cittadini ma si anticipa la disponibilità di cassa ai comuni che introitano prima e possono pagare il servizio, e si evita l’ingorgo  di tasse a luglio. In questo modo il Governo non accetta dunque di rinunciare all’incasso previsto di 1 miliardo di euro, sotto forma di mancati trasferimenti ai comuni, e viene incontro solo parzialmente alle richieste degli amministratori. Il calcolo della tassa resterebbe quello della nuova Tares e non della vacchia Tarsu o Tia, tuttalpiù si potrebbe mantenere il sistema di pagamento delle tasse precedenti, quindi il bollettino postale o il mav che si usano per le bollette e non il modello F24 tipico dei versamenti fiscali. Resterebbe comunque un aumento degli importi richiesti, che la CGIA ha calcolato in 0,9 miliardi, dovuti al fatto che la Tares impone la copertura totale dei costi del servizio, mentre oggi nei comuni che applicano la Tarsu questo avviene parzialmente e quindi si dovrà procedere ad aumenti anche sostanziosi, mentre per i comuni a Tia gli aumenti saranno più contenuti.

La proposta di anticipo della prima rata e separazione della maggiorazione è certamente migliorativa rispetto alla situazione attuale; se sarà questa la decisione del Governo bisognerebbe però impiegare i mesi da qui a dicembre per trovare la copertura (1 miliardo) necessaria a eliminare del tutto la maggiorazione e salvare i cittadini da questo ulteriore salasso, che inevitabilmente peserà di più su chi ha meno, altrimenti sarebbe solo una piccola dilazione di pagamento di un salasso ingiusto. Molto meglio rinviare già subito l’applicazione della Tares al 2014, mantenere l’attuale sistema di pagamento del servizio rifiuti per il 2013, e pensare nel frattempo a come eliminare il balzello. Su questo il parlamento affronterà la questione martedì prossimo, ed è probabile che esprima posizioni più avanzate rispetto al governo tecnico che, come sulla questione dello sblocco dei pagamenti della PA, dimostra di essere un freno continuo alle misure necessarie al paese e un custode ottuso del dogma austerico.

Tares, un balzello da eliminareultima modifica: 2013-04-05T09:18:40+02:00da sdluca1
Reposta per primo quest’articolo