Nuova Lega come la vecchia: il razzismo come core business

 La Lega aveva promesso una nuova fase, la Lega 2.0, l’evoluzione verso un ruolo di sindacato 

images?q=tbn:ANd9GcS82O_QTOgEXUBcDUHM_OK0Vag3IFPMxR-39sKa3lmzuB-0ZZ_eterritoriale, il modello della CSU bavarese come nuova ispirazione. E invece è bastata la nomina di un ministro di colore per far regredire la Lega allo stato di barbarie pura e semplice, senza alcun sogno a nobilitare espressioni di razzismo della specie più becera e più retriva. La Lega aveva per molto tempo cavalcato una versione un po’ più raffinata rispetto al razzismo biologico fondato sulla gerarchia tra le razze umane, quello di una visione differenzialista nella quale l’accento viene posto sulla inconciliabilità delle culture di provenienza e non sul colore della pelle. E invece ora è proprio l’aspetto fisico a tornare in primo piano nella propaganda leghista, perlomeno quella lombarda , che resta purtroppo la dominante. Chi aveva scommesso sulla riformabilità della Lega forse deve ricredersi. O si arriva a una rottura definitiva e dolorosa con quella larga e popolarissima parte della Lega che appartiene culturalmente all’estrema destra razzista e nazistoide, oppure quel movimento non potrà mai pretendere di essere un partito regionalista europeo, ma resterà una delle varianti dell’estrema destra xenofoba europea.

La cosa più allucinante, nell’escalation di delirio contro il ministro Kyenge, è infatti che non vi è alcuna espressione o atto del ministro che non sia impeccabilmente sobrio, elegantemente istituzionale, per nulla provocatorio o anche solo eccessivamente affermativo. Nessuna battuta contro la Lega, nessuna santificazione aprioristica e indiscriminata degli extracomunitari, solo pacate argomentazioni. Non vi è insomma nessunissimo pretesto per attaccare il ministro, anche al di là dei modi che si utilizzano, che non sia il colore della sua pelle e la sua origine africana. Razzismo al suo stato puro e semplice, senza le razionalizzazioni alle quali i politici padani ci hanno abituato da anni. I tentativi dei dirigenti leghisti di inventarsi responsabilità del ministro per gli atti di delinquenza compiuti da stranieri, o una sua inesistente volontà di imposizione dello ius soli, sono solo evidenti escamotage per cercare di nascondere quello che essi sanno benissimo, e cioè che ciò che fa scandalo a una parte di quel partito è la semplice presenza al governo di una donna di colore.

E’ veloce Zaia, come molti altri capi leghisti, a prendere le distanze da tutte queste porcherie razziste, ma ancora non si vede un principio di autocritica da parte del partito che ha basato le proprie fortune in gran parte sulla coltivazione di questi immondi rovai di odio. La Lega ha sempre coltivato abilmente un doppio registro, lo ha fatto anche Zaia, per il quale sulla scena pubblica più ampia si formulano ragionamenti moderati e di falso buon senso, e nelle riunioni leghiste si utilizzano i toni classici della propaganda xenofoba. Lo stesso Calderoli ha cercato di giustificare le affermazioni sulla Kyenge simile a un orango con la circostanza che si trattava di un comizio, come se questo consentisse a un politico licenza di sproloquio razzista. E i raduni leghisti si infiammavano a fronte dei deliri di Borghezio e Gentilini, evidenziando il reale core business del messaggio politico leghista.

La Lega prenda almeno atto che sta fallendo il tentativo, che da anni porta avanti con alterne fortune, di scaricare sulle minoranza la colpa dei problemi della maggioranza. Prima erano i meridionali la causa di tutti i mali del Nord, poi gli extracomunitari tutti, poi i clandestini. Ma nel momento in cui la crisi e le sofferenze sociali sono più acute, il richiamo al capro espiatorio straniero non pare funzionare più di tanto e paiono distanti e irraggiungibili i vecchi fasti elettorali del Carroccio. La società è andata più avanti di come se la rappresenta, o rappresentava, la Lega. E forse qualcuno ricorderà che da un decennio l’immigrazione in Italia è regolata da una legge che porta il nome di Bossi, e che le maggiori tensioni contro gli stranieri, in provincia di Treviso, si sono verificate negli ultimi anni in seguito alla scelta del ministro leghista Maroni di sparpagliare per il territorio i profughi dalla Libia, costretti a non lavorare e con un costo di 40 euro al giorno che è stato spacciato come una sorta di stipendio gratuito.

 

Se non gli sovviene un rinsavimento civile, che i leghisti perlomeno si facciano due conti elettorali e verifichino che, come merce politica da vendere, il razzismo non rende più come un tempo.

Nuova Lega come la vecchia: il razzismo come core businessultima modifica: 2013-07-31T00:51:22+02:00da sdluca1
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