abolire le provincie in nome dell’impresa ?

Oggi su La Tribuna di Treviso il segretario provinciale della Cisl di Treviso e Belluno, Franco Lorenzon, spiega perché a suo avviso le province non servano più. Curiosamente, il cuore dell’argomentazione del sindacalista è che la dimensione provinciale non serve alle imprese. Secondo Lorenzon: “Le imprese da tempo non tengono più conto dei confini provinciali, dovendo misurarsi con la necessità di una loro crescita dimensionale, con l’innovazione, l’internazionalizzazione e la terziarizzazione: aspetti che non si trovano più nei vecchi distretti produttivi, ma solo in un ambito che va ben oltre il proprio naso.” Difatti, vien da dire, i distretti produttivi sono entità dimensionalmente inferiori alle province; e se il problema è l’internazionalizzazione, allora con la stessa argomentazione dovremmo proclamare l’inutilità dello stato nazionale, e ovviamente pure delle Regioni. Lorenzon concede che le provincie possano servire anche ad altro, a svolgere funzioni di carattere sovra comunale, ma ritiene che queste funzioni “non avranno certo una rilevanza politica, cioè la necessità di essere legittimate da una elezione.” Da ciò il segretario della Cisl deriva la sua adesione al progetto del Governo Letta di eliminare le elezioni provinciali e di far gestire le province dai sindaci, in attesa di una loro definitiva estirpazione costituzionale. Quindi, ricapitolando l’argomentazione, la dimensione elettiva è richiesta per quegli enti, non meglio precisati, abbastanza ampi per essere utili alle imprese di oggi. Non serve invece una legittimazione democratica per decidere dove collocare le scuole superiori nel territorio, come organizzare il trasporto pubblico locale, come pianificare il territorio rispetto alle esigenze di tutela ambientale, di riduzione della dispersione edilizia, di sicurezza idrogeologica, dove far passare le strade che collegano tra loro le viabilità comunali e queste alle viabilità superiori, come gestire le cave, le discariche, e tante altre cose che in realtà toccano e riguardano sia le imprese che i lavoratori e i cittadini tutti della comunità provinciale.

L’Italia è il paese dove la moda non riguarda solo il settore dell’abbigliamento, va siamo attraversati periodicamente da mode politico-culturali che si impongono come ovvie e come senso comune, salvo rivelare dopo qualche tempo quanto fossero teorie effimere se non completamente sballate. E’ pregevole che qualcuno si applichi a ricercare motivazioni serie per sostenere quello che i più danno come scontato e non bisognoso di un minimo di fondamento, ovvero la cancellazione delle province o la loro trasformazione in enti non elettivi (e infatti Lorenzon non cade nella falsa credenza che sulle province si possano fare dei risparmi), ma questa ricerca ci pare utile soprattutto a dimostrare quanto esili siano queste motivazioni. Ma la moda prevale su tutto, e se il governo procederà con lo sconsiderato disegno di legge del pessimo ministro Delrio sulle province, tra qualche anno il mondo politico e accademico si troverà a riconoscere lo sbaglio effettuato, come oggi siamo tutti d’accordo a rimetter mano alla modifica del titolo V che nel 2001 salutammo come grande rivoluzione portatrice di prosperità e benessere all’insegna del federalismo, e che ha prodotto infiniti contenziosi costituzionali e schiere di Batman Fiorito. Allora le Regioni andavano di moda, il federalismo era una parolina magica, e la politica lisciava il pelo al senso comune, come oggi vuol fare con le province. Per il bene dell’Italia ? no, per distrarre gli elettori e rifilargli l’ennesima patacca.

abolire le provincie in nome dell’impresa ?ultima modifica: 2013-12-11T20:59:43+01:00da sdluca1
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