Senza elezioni perde forza la pianificazione del territorio provinciale

Con la fine del carattere elettivo delle province si pone fine alla pianificazione pubblica del territorio20131111_115409

Viviamo nell’epoca della propaganda, e discernere ciò che viene detto e fatto perché ha una reale utilità e ciò che invece viene detto e fatto solo perché da sa bene che l’eliminazione delle Province non rappresenta alcuna seria riduzione dei costi della politica, spesso si fanno  in proposito i numeri a caso e in malafede ma la realtà è incontrovertibilmente questa. Inoltre la redistribuzione delle competenze oggi in capo alle province non è affatto un processo semplice e non è per nulla garantito che vi sarà un miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’erogazione dei servizi. Per ora, il Parlamento ha approvato alla Camera il disegno di legge Delrio per evitare che i cittadini possano andare a votare tra qualche mese per le province a mandato scaduto, e dare in mano ai sindaci la gestione delle province, che non vengono eliminate in attesa di una riforma della Costituzione.“funziona” dal punto di vista del marketing e del tornaconto di immagine si fa complicato. Quando si parla di province, però, la distinzione appare invece abbastanza semplice. Chiunque abbia studiato la faccen

C’è un aspetto della questione troppo trascurato ma che invece andrebbe posto nel giusto rilievo, ed è quello del governo del territorio e della pianificazione urbanistica su scala provinciale. Giova ricordare che proprio dalla rivista “La Provincia di Treviso”, già negli anni ’60 il poeta del paesaggio Andrea Zanzotto denunciava una Marca “funestata dal “furore biologico” anziché incoronata da una vita creatrice di forme belle, come fu un tempo; e gli sfondi paesistici che hanno illuminato i quadri di quasi tutti i grandi maestri della pittura veneta sono minacciati. Bisogna capire che salvare il paesaggio della propria terra è salvarne l’anima e quella di chi l’abita”.  Il “furore biologico” di cui parlava Zanzotto era il tumultuoso e disordinato sviluppo delle forze produttive, privo di pianificazione e coordinamento. Le province non ebbero competenze urbanistiche fino alla legge 142 del 1990, e il processo che ha portato a definire un loro ruolo è stato particolarmente lento e farraginoso. La Provincia di Treviso, ad esempio, solo nel 2010 ha visto approvato dalla Regione il proprio piano di Coordinamento territoriale, e assumere così le funzioni in materia urbanistica.

Il trasferimento della competenza urbanistica è quindi recente e non ancora pienamente a regime; è perciò sui comuni e sulla Regione che cade la responsabilità del saccheggio del territorio veneto di questi anni e decenni e che oramai tutti dicono di voler interrompere. Con l’eliminazione delle province come enti elettivi, per trasformarli in enti di secondo grado, si potrà probabilmente mettere la parola “fine” alla pianificazione, e avrà libero campo il mercanteggiamento continuo tra gli interessi privati e gli interessi pubblici, dove è chiaro che saranno i primi a prevalere sui secondi. Per fare degli esempi concreti, nella nostra provincia Ikea aveva individuato una zona agricola da cementificare per realizzare un parco commerciale. Un’area in un piccolo comune, il quale a  fronte di una qualche piccola opera pubblica come una scuola elementare, dava il via libera ad un insediamento le cui conseguenze e ripercussioni evidentemente andavano a coinvolgere un territorio ben più ampio di quello dei confini comunali. Ma secondo il PTCP, cioè il piano urbanistico provinciale, non sono consentiti insediamenti di nuovi centri commerciali se non in aree produttive dismesse, e non invece consumando territorio libero o agricolo.  Analogamente, il Comune di Vedelago aveva avvallato un progetto di devastazione di un ampio territorio agricolo, a ridosso di ville palladiane, per l’escavazione di ghiaia e la costruzione di una cartiere e di un enorme macello e di un grande market, nonché l’apertura di un nuovo casello sulla progettata nuova Pedemontana Veneta. Anche qui il PTCP non consentiva l’operazione, era necessaria una deroga. In altre province l’amministrazione non ci ha neanche pensato a fare delle deroghe, ad esempio la Provincia di Torino ha fatto cambiare idea a Ikea che aveva già convinto un piccolo comune a lasciarli costruire in zona agricola il suo centro commerciale. Da noi, invece, la Giunta Muraro ha portato in Consiglio la proposta di deroga al Piano Territoriale di Coordinamento, per avere mano libera nelle trattative che intendeva condurre con i privati per consentir loro di procedere con i progetti. Ma il Consiglio ha bocciato la proposta, e non se ne è fatto più niente. Quindi, un Consiglio Provinciale eletto dai cittadini ha potuto mettere lo stop; se ad amministrare la provincia fossero i sindaci, come vuole il ministro Del Rio, è molto più probabile che l’atteggiamento sarebbe stato diverso, e la logica dominante sarebbe stata quello del mercanteggiamento. Un ruolo fondamentale la Provincia lo ha avuto invece nel consentire la deroga al proprio piano urbanistico per consentire la realizzazione di un inutile nuovo centro commerciale a Colle Umberto, cedendo alle richieste e alle minacce di risarcimento da parte di un privato Così come lo ha avuto, in positivo, nel bloccare il progetto di costruzione di due inceneritori in provincia sponsorizzato dagli industriali.

E ancora, la centrale elettrica falsamente a biomasse che dei privati volevano costruire in oasi naturalistica a Borso del Grappa, non è stata fermata certo dalla Regione, né dal Comune la cui ordinanza avversa gli avvocati dei privati hanno facilmente fatto cassare dal Tar, ma dalla Provincia e dal suo piano territoriale, che per fortuna è stato elaborato e votato da amministratori eletti e non dai sindaci.  Oppure, si pensi all’edificazione di un ristorante che il Comune di Conegliano vuole permettere a un privato nel parco del Castello, contro la quale è sorto un vivace comitato, e per consentire la quale si è applicata da parte del Comune, in modo a nostro avviso scorretto, una procedura semplificata per non passare attraverso l’approvazione della Provincia.

Per concludere, pensare di separare il governo del territorio dalla democrazia e dalla partecipazione significa decretare in realtà la fine della pianificazione pubblica, nel mentre invece la diffusa consapevolezza dell’importanza fondamentale della difesa del territorio ci porta piuttosto a chiedere di ampliare i processi di partecipazione anche oltre il momento elettorale, per sperimentare forme di urbanistica partecipata. La direzione che intraprende il governo e la maggioranza con il disegno di legge per abolire le elezioni provinciali, e affidare di fatto la gestione degli enti alla spartizione tra i maggiori partiti, va invece nella direzione opposta.

 

Senza elezioni perde forza la pianificazione del territorio provincialeultima modifica: 2013-12-23T12:21:19+01:00da sdluca1
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