Se l’antipolitica promana anche dal Quirinale

Soldi per Roma ma anche 25 milioni per Milano, interventi relativi alle bonifiche a Crotone, agli interventi contro le frane ad Assisi, la ripartizione del fondo di riequilibrio tra le province, l’introduzione  di una tassa di sbarco per le isole, la proroga al gestore della carta acquisti, i requisiti per l’accesso a revisore dei conti,  regole sui pagamenti a Trenitalia da parte di Sicilia e Val d’Aosta: questo sono solo alcune delle norme contenute nel decreto del 31 ottobre dal titolo “Misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio”, noto però al grande pubblico come “decreto Salva Roma”. E’ il decreto che Napolitano ha fatto ritirare al Governo dopo che il Governo ha posto la fiducia sulla sua conversione alla Camera, per il motivo che erano stati aggiunti con emendamenti del Parlamento (soprattutto la commissione Bilancio del Senato) provvedimenti estranei all’oggetto del decreto. La motivazione del Quirinale pare proprio difficilmente difendibile, perché fin dall’inizio il decreto era un cosiddetto omnibus, cioè ci si è messo dentro di tutto e di più (e infatti il tutto è stato ora riversato in quella creature legislativa mostruosa che è il decreto mille proroghe). Non contento, Napolitano ha pure scritto una letterina di rimbrotti ai presidenti di Camera e Senato raccomandando di essere da ora più vigili sull’ammissibilità degli emendamenti. Non sarebbe male che il Presidente della Repubblica cominciasse ad essere più vigile egli stesso quando firma i decreti leggi appena emanati dal Governo, e si attenesse scrupolosamente al dettato costituzionale, che prevede chiaramente il decreto legge come qualcosa del tutto straordinario nel processo legislativo, e non invece la prassi normale come oggi è diventata per fare le leggi: Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria: “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni” art. 77 Costituzione.

E’ vero dunque che non bisogna appesantire i decreti ma in questo come in altri casi il vizio più grave è il fatto che quel decreto sia stato emanato, con la firma del Presidente della Repubblica, più che gli emendamenti ad un omnibus apportati dalla commissione bilancio del senato. L’intervento di Napolitano pare invece inteso a garantire una blindatura dei decreti legge del Governo, ormai evidentemente considerati la via ordinaria anziché straordinaria per l’emanazione delle leggi.

Ancora una volta il Presidente della Repubblica si applica a screditare pubblicamente il lavoro del Parlamento, e dei partiti che lo compongono senza alcuna distinzione, diffondendo l’idea che il Governo è il luogo del bene dove faticano i responsabili e il Parlamento il luogo del male dove perdono tempo i partiti brutti e cattivi. L’antipolitica demagogica e populista si nutre anche di questa autorevolissima fonte di emanazione.

Se l’antipolitica promana anche dal Quirinaleultima modifica: 2013-12-29T12:14:31+01:00da sdluca1
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