Il compito di SEL è ancora quello di riaprire la partita

congressoLa fuoriuscita di Migliore, Di Salvo, Fava e Piazzoni, e di altri parlamentari che stanno seguendo e seguiranno, ha certamente prodotto una ferita nel corpo gracile di Sinistra Ecologia Libertà. Si tratta infatti di esponenti di primo piano, sia a livello politico che parlamentare; alcuni sono tra i fondatori dell’esperienza politica di Sinistra Ecologia Libertà. E quindi è naturale il dispiacere e lo sconcerto che la loro scelta ha prodotto nei militanti e nei simpatizzanti di SEL.

Non siamo però di fronte ad una scissione lancinante, ad una spaccatura verticale, ad un esodo di massa dal partito. Non siamo, insomma, di fronte a quel cataclisma che i media raccontano, in maniera del tutto interessata, in queste ore e in questi giorni. Ma bensì ad una fuoriuscita, una significativa fuoriuscita, di alcuni parlamentari da SEL. Per collocarsi in una posizione di maggiore vicinanza e collaborazione rispetto al Partito Democratico e al governo Renzi Alfano.

Lasciando da parte il dispiacere personale per dover salutare delle persone di valore, quale è il punto politico della faccenda? A me pare che sia la questione principale, che andava affrontata di petto ed è invece stata trattata solo per interposta questione, per allusioni e sottointesi. E cioè la questione del senso di una sinistra come quella che SEL intende rappresentare, alla luce del disgregarsi della coalizione Italia Bene Comune e della ripresa di vitalità del Partito Democratico data dall’avvento di Renzi. Che qualcuno possa ritenere che lo spazio a sinistra sia ora limitato all’adesione o al fiancheggiamento del PD, e che fuori da questa prospettiva ci sia solo settarismo e minoritarismo, è una opinione del tutto legittima, così come è legittima la posizione di chi ritiene che il PD con Renzi abbia subito una ennesima torsione verso destra, e quindi la sinistra debba ricostruirsi al di fuori di una prospettiva di centrosinistra puntando sui movimenti e sull’aggregazione di tutto ciò che sta a sinistra del PD, per riproporre in Italia un percorso à la Syriza, magari partendo dall’esperienza della lista Tsipras. Opinioni legittime, a mio avviso non condivisibili, ma che era il caso fossero rappresentate chiaramente e chiaramente discusse, in maniera libera e laica e senza timori di arrivare a divisioni e votazioni. Alla comunità politica di SEL questa discussione è stata evitata, forse per eccesso di cura, forse per furbizia, e si è proceduto per grandi sintesi, sostenute da unanimismi di facciata. La scommessa di una discussione franca andava invece giocata senza remore, pur sapendo quanto oggi il valore del confronto democratico sia misconosciuto e anzi stravolto in “litigio”, “spaccatura” e tutto il coacervo di pagliacciate giornalistiche che distruggono la qualità della politica nel nostro paese. Ma l’unità che consegue ad un confronto franco è più stabile di una unità salvaguardata a filo grazie a continui equilibrismi.

All’ultima Assemblea nazionale è andato in onda nuovamente l’unanimismo, su una proposta che da un lato spostava ad un momento successivo, la conferenza programmatica di autunno, il confronto di merito. Dall’altro però dava le coordinate di massima di una linea politica che, anche oggi, merita di essere ripresa e perseguita: nessuna costituente di un soggetto nuovo a sinistra ma continuazione del percorso della Lista Tsipras nel senso dell’apertura e del dialogo ad un campo vasto nel quale nuove generazioni hanno incontrato e praticato lo spazio della sinistra, nessun cedimento ad un fiancheggiamento del governo ma anzi lanciare la sfida a Renzi su due questioni: come cambiare davvero, dopo gli annunci, le politiche di austerità a livello europeo, nel corso del semestre di presidenza di turno dell’Italia, e come cambiare il Governo, che si regge su una alleanza con una parte della destra che condizione pesantemente le politiche della maggioranza, con la richiesta a Renzi di scaricare gli alleati diversamente berlusconiani per riprendere un ragionamento comune. La conferenza programmatica proposta da Vendola, ora può avere davvero una funzione come quella che ebbe la conferenza programmatica del PSI del 1982, passata alla storia come la conferenza sui meriti e bisogni guidata da Claudio Martelli. Ridefinire i propri contorni programmatici, la propria proposta per il paese, individuare dentro i mutamenti sociali del paese i propri riferimenti e interlocutori, significa recuperare il lavoro non fatto dal congresso, e porre le basi per una identità e fisionomia autonoma di SEL, sulla quale chiamare fin da subito a parteciparvi le personalità, i singoli e i movimenti che hanno a cuore l’esistenza di una sinistra di governo che sia davvero “sinistra” e davvero “di governo”.  E sulla quale costruire una ipotesi di centrosinistra interloquendo con il PD a partire da un confronto sui contenuti e non sull’attratività o meno della leadership renziana.

E accanto, assieme o oltre la conferenza programmatica, va ripresa la scelta del Congresso di realizzare entro fine anno una conferenza di organizzazione. Anche quella, una decisione annunciata all’inizio del congresso per evitare che si ponesse la questione del funzionamento della struttura organizzativa di SEL e della sua adeguatezza, del suo essere più simile ad un partito personale o a un movimento organizzato dove vige la democrazia rappresentativa e partecipativa e non la verticalizzazione estrema del potere decisionale. Anche quello è un lavoro non fatto dal Congresso che va ora recuperato e svolto. La natura di una organizzazione racconta anche quale modello di democrazia si intende proporre e contribuire a realizzare nel paese, e la accentuata caratteristica neoautoritaria delle riforme istituzionali in atto non può che trovare una risposta anche nel modello organizzativo che SEL intende proporre anzitutto  a se stessa e di se stessa.

Ripartire quindi da SEL per riaprire la partita, come già dicemmo di fare in tutt’altra fase al congresso costitutivo del 2010, perché oggi come allora va riaperta la prospettiva di una coalizione per il cambiamento, vaccinandosi contro la boria e l’autosufficienza di partito ma riprendendo e praticando la contaminazione di culture e provenienze politiche e la capacità unificante dimostrata allora. Questa è la funzione nazionale che SEL può e deve svolgere, a partire dalle esperienze di buon governo sul territorio che la vedono partecipe o protagonista, dai movimenti per un altro sviluppo e per i diritti civili, dal rapporto con le organizzazioni sociali e rappresentative, dalle esperienze e dalle tante brillanti intelligenze e competenze di cui sono ricchi i territori e che non paiono oggi trovare i canali per una loro adeguata rappresentazione a livello nazionale.

Il compito di SEL è ancora quello di riaprire la partitaultima modifica: 2014-06-25T02:49:13+02:00da sdluca1
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