il senso di Ichino per il lavoro

Tutti questi signori benestanti (giornalisti, parlamentari, industriali) che ti spiegano che l’art. 18 è un ferrovecchio inutile oppure un residuato che intralcia lo sviluppo, dovrebbero anche spiegare il loro particolare rapporto con i diritti del lavoro dipendente: ne sanno qualcosa? Hanno qualche esperienza in merito? A Pietro Ichino, pasdaran della categoria, è stato chiesto qualche giorno fa in radio. Risposta: nel 1983 fui in qualche modo licenziato dal mio partito, il Partito Comunista, che dopo avermi portato in Parlamento a 29 anni, poi non mi rinnovò la candidatura per le mie idee. Da questa risposta emergono molte cose: che per il signor Ichino il fare il parlamentare era una sorta di lavoro, che da allora evidentemente si sente vittima di una discriminazione, tanto che non manca in ogni intervento pubblico di sollevare vecchie questioni contro la CGIL e il PCI. Insomma il povero Ichino si sente vittima di un licenziamento senza giusta causa, ad opera di Berlinguer, di natura discriminatoria a causa delle sue opinioni. Dopo 30 anni, a Ichino ancora brucia profondamente quella esclusione, che egli ha percepito come un licenziamento. Purtroppo da quella esperienza Ichino non ne ha tratto empatia per chi venga ingiustamente cacciato da un posto di lavoro (magari meno comodo di un posto in parlamento, e meno legato ad una affinità politica con le posizioni di chi ti mette in lista in un partito), ma solo voglia di rivalsa contro quei cattivoni che non lo hanno seguito nelle sue strampalate teorie contro i diritti del lavoro. Che un paese del G7 debba essere condizionato, nel darsi le regole sul lavoro, dalle patturnie trentennali di un signore della casta, passato da dirigente sindacale a parlamentare a avvocato delle imprese e poi nuovamente parlamentare, è veramente triste e miserabile.ichino

il senso di Ichino per il lavoroultima modifica: 2014-09-22T17:04:01+02:00da sdluca1
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