Alle primarie venete è mancato il centrosinistra

Il dato dell’affluenza alle primarie del PD (neanche 40.000 votanti dichiarati) in Veneto è preoccupante. Vero che l’esito pareva scontato, e le primarie quasi una formalità, una concessione a delle istanze interne al Partito Democratico più che una vera contesa tra autentici concorrenti, ma comunque ci si poteva aspettare di meglio, vista la sfida lanciata per la conquista del Veneto dopo un ventennio di governo forza-leghista culminato con l’inchiesta sul Mose e quello che ha disvelato. Lo scarso risultato certifica la difficoltà del Partito Democratico nel rappresentare una sfida credibile, e nell’innescare una reale mobilitazione rispetto all’obiettivo. Probabilmente non tutto è imputabile al profilo particolarissimo del candidato presidente già designato e poi confermato dall’esito delle primarie, che pure ha avuto un ruolo non da poco. Lo testimonia anche il relativo successo di Simonetta Rubinato, che si prende anche la soddisfazione di arrivare prima in provincia di Treviso. E il numero non scontato di schede bianche (389) e nulle (191).

Non basta l’effetto Moretti a spiegare la bassa affluenza ma agiscono ragioni più di fondo. Sicuramente lo scarso radicamento del PD in Veneto, che l’exploit delle Europee  (37,5%) ha solo  occultato ma non cancellato e che emerge maggiormente in occasioni dove il tiraggio mediatico è inferiore rispetto alle primarie di livello nazionale. Ma anche la scarsa convinzione con la quale queste primarie sono state indette e organizzate. Si sa che la scelta di fare le primarie è stata messa più volte in discussione dai vertici del PD e solo la ostinazione della candidata Rubinato e di una parte del partito ha evitato che si procedesse ad una investitura dall’alto della candidata presidente. Queste primarie sono state intese come primarie interne al Partito Democratico, mascherate da primarie di coalizione anche, pare, per evitare che si dovesse applicare un diverso regolamento per il loro svolgimento. Per come congegnato, il regolamento delle primarie predisposto dal PD, infatti, non si prestava a garantire lo svolgimento di autentiche primarie di coalizione ma di finte primarie di coalizione: si prevedeva infatti che tutta la gestione delle primarie fosse affidata a comitati non paritetici ma a schiacciante prevalenza di esponenti PD, così come l’intera gestione organizzativa e dei proventi da contributi. Se non fosse intervenuta la provvidenziale partecipazione di Italia dei Valori alla competizione, con una candidatura del tutto di bandiera, la natura interna di queste primarie sarebbe stata ancor più innegabile. Questa impostazione data alle primarie ha impedito che ad esse ci fosse la partecipazione di altre forze politiche.

Al fondo di tutto, anche della scarsità del risultato, ci sta la scelta di non puntare da subito e con convinzione sulla coalizione di centrosinistra. L’autosufficienza è una brutta bestia, può darti l’illusione di spaccare il mondo ma poi viene la volta che fai i conti con la realtà. Ricordiamoci sempre che, con la teoria dell’autosufficienza (anche lì, guarda caso, con IDV a tenere bordone), il PD di Veltroni consegnò a Berlusconi la più grande maggioranza parlamentare uscita dalle urne da quando esiste la Repubblicapriamrie pd Italiana. Se queste primarie fossero state costruite con un reale spirito di coalizione, è probabile che si sarebbe riuscito a parlare a mondi più ampi rispetto al ristretto ambito di un singolo partito, che ci sarebbe stata  un minimo di reale mobilitazione sul tema del governo della Regione e non su competizioni intestine, che insomma si sarebbe fatto un qualcosa di simile a vere primarie.

Alle primarie venete è mancato il centrosinistraultima modifica: 2014-12-05T01:00:34+01:00da sdluca1
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