Con Mattarella un salto di qualità al Quirinale

Il discorso alle Camere del Presidente Mattarella segna un importante punto di svolta in 058091697-MIBACpositivo rispetto al recente passato quirinalizio. Per almeno tre ragioni:

1)      il discorso  ha l’ambizione di parlare al paese e non solo ai palazzi della politica. Nel precedente discorso di insediamento di un capo dello Stato, Napolitano aveva incentrato tutto il suo ragionamento sui compiti delle forze politiche e del parlamento, sferzandoli a fare le riforme istituzionali e della legge elettorale. E anche nel precedente, primo discorso di insediamento di Napolitano nel 2006,  le tecnicalità e le dinamiche interne alle istituzioni avevano ricevuto grande attenzione e spazio nell’economia del discorso.

2)      Il ruolo che il Presidente attribuisce a se stesso non è quello di arbitro nel senso di equidistante dagli schieramenti, di super partes a prescindere da quali siano le partes, ma di arbitro in quanto “garante della Costituzione”. E garantire la Costituzione, specifica Mattarella, significa garantire dei diritti ben precisi al cui perseguimento la carta costituzionale direziona l’operato delle istituzioni. Mattarella elenca una serie di diritti, ben 15, in una lista non scontata, che comprende i diritti dei malati, dei disabili, delle donne, l’allargamento dei diritti civili individuali, la memoria della Resistenza, la lotta alla mafia e alla corruzione. Si spera quindi che il nuovo presidenti non entri nel merito dei singoli provvedimenti, non convochi i ministri al Quirinale come accadeva con Napolitano, ma lasci al Parlamento e al Governo il confronto sui contenuti e si assuma il ruolo di controllore della legittimità formale e di sostenitore dell’adeguatezza sostanziale delle singole scelte non solo alla lettera ma anche alle finalità programmatiche della Carta Costituzionale.

3)  La passione costituzionale che promana dalle parole del Presidente, fino ad assumerne il modo asciutto e preciso di dire le cose, e la scelta di citare il meraviglioso art. 3 come sintesi della Costituzione (laddove il Presidente dice: “Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza.”), nonché l’affermazione che la Costituzione va applicata e vissuta quotidianamente, avvicinano il discorso di Mattarella ad una visione programmatica della nostra Costituzione. Un programma di lunghissimo respiro, con finalità ultime da perseguire nella quotidianità dell’azione e della decisione delle istituzioni repubblicane. Nel suo  predecessore era invece prevalente una nozione fredda delle istituzioni, un ossequio formale alla Costituzione vista esclusivamente nel suo aspetto normativo. Fino a perdere il senso del fine delle istituzioni, che non sta dentro di esse ma nell’essere strumento di democrazia e progresso materiale e civile di una comunità nazionale.

Se queste sono le premesse, sono buone. Anche l’auspicio ad una conclusione della fase di riforme istituzionali in atto, è stata fatta nella proclamazione dell’estraneità del Quirinale ai contenuti specifici dei provvedimenti. Solo una mente come quella del Ministro Boschi ha potuto intendere che si trattasse di un incoraggiamento all’azione pessima che ella sta conducendo. Lo spazio che Mattarella ha dedicato alle riforme istituzionali è stato infatti inversamente proporzionale all’attenzione spasmodica che i media riversano nei confronti delle gesta eroiche della giovane ministra alle riforme.

Difficile, alla fine, poter aspettarsi di più da un parlamento come l’attuale, e da dirigenze di partito come quelle attuali, drammaticamente inadeguate. Aver evitato di avere qualche sgherro del capo del governo al Quirinale, o qualche nome frutto del patto segreto con Berlusconi, è già molto.

E la parte finale del discorso di Mattarella, quella dedicata ai volti degli italiani che devono poter rispecchiarsi nel volto della Repubblica, cioè Ospedali, Scuole, Musei etc., ci convince che siamo finalmente di fronte ad un Presidente della Repubblica che non farà dell’antipolitica, ma della buona politica. Sono infatti mancati, nel discorso del Presidente, quei continui sciocchi richiami alle forze politiche perché si vogliano bene, non alzino i toni, si legittimino a vicenda, e tutto l’apparato insomma di raccomandazioni a sproposito il cui unico risultato è quello di gettare discredito su tutta la politica, e alla fine sulla democrazia come sistema di regolazione dei conflitti, non del loro annichilimento. Dal Quirinale è promanata, negli ultimi anni, una ondata di antipolitica, più raffinata di quella crassa e volgare alla 5stelle ma non meno deleteria per l’idea delle istituzioni democratiche che si vuol contrabbandare al popolo. Tutta la tiritera sulle forze politiche cattive che non fanno le riforme e non danno seguito ai moniti del saggio capo dello Stato è una rappresentazione di comodo che alla fine rinforza la vulgata, pericolossissima, per il quale il Parlamento è la fonte di tutti i mali. Mattarella per ora non pare incamminarsi in questo triste sentiero, e invece pare preferire la coerenza rispetto alla propria storia e alla propria cultura politica.

 

Con Mattarella un salto di qualità al Quirinaleultima modifica: 2015-02-04T18:02:50+01:00da sdluca1
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