Rai, un servizio ben poco pubblico

 Un deputato del PD, Michele Anzaldi, segretario della Commissione di vigilanza Rai si lamenta del troppo spazio che ha in televisione la CGIL rispetto agli altri sindacati, soprattutto nei talk show. Il deputato in questo modo invoca una sorta di par condicio tra le componenti sindacali, nella rappresentazione che ne da la televisione. Il tema non è peregrino, ma per essere seri andrebbe affrontato in primo luogo per quanto riguarda le forze politiche. I sindacati non si presentano infatti alle elezioni, e il loro strumento principale di raccolta di consenso non è il mezzo televisivo come accade ormai, purtroppo, per i soggetti elettorali. Le piazze televisive hanno soppiantato quelle reali, ed è per questo che esiste una legge, denominata par condicio,che in campagna elettorale regolamenta, del tutto teoricamente purtroppo, la presenza in televisione dei soggetti in gara.Attualmente la presenza televisiva dei partiti politici è così spaventosamente sbilanciata a favore di un unico soggetto politico, il partito di Anzaldi, e al tempo stesso permane dall’altra parte il più grande conflitto di interessi d’Occidente, che sarebbe il caso di porsi il problema del tasso di democrazia che permane in un paese dove non a tutti viene riconosciuto diritto di parola nel dibattito pubblico. E sarebbe il caso che si ragionasse attorno a quali provvedimenti prendere affinché, anche fuori dai periodi strettamente elettorali, i cittadini fossero messi nelle condizioni di essere correttamente informati.

Prendiamo il mese di dicembre  e vediamo infatti come sono distribuiti dalla televisione pubblica gli spazi riservati all’informazione politica. Nel complesso dei Tg della Rai (Rai 1, 2, 3 e Rai News), nel mese di dicembre al Pd sono state riservate 12 ore e 12 minuti (il 44,2% del tempo dedicato alle forze politiche), al Movimento5stelle  6 ore e 26 (il 23,3%), a Forza Italia 3 ore e 58 (il 14,38%), la Lega 1 ore e 47 (il 6,46%), Ncd 1 ora (3,67%), SEL 33 minuti (2,02%). A questo tempo va sommato quello dedicato al Presidente del Consiglio, 13 ore 11 minuti, e al governo, 9 ore e 1 minuto. E allora il quadro è quello di una tracotante supremazia mediatica del Partito Democratico, e del suo segretario in particolare. Anche il movimento di Grillo non ha di che lamentarsi: per essere quelli che a parole disprezzano il mezzo televisivo, in realtà sono ben rappresentati nei telegiornali e attraverso la televisione possono mantenere un contatto con il loro elettorato e acquisirne dell’altro.

Se si guarda a tutte le altre trasmissioni che non siano i telegiornali, sempre sulla Rai e sempre nel mese di dicembre,  la situazione non cambia per il PD, che risulta il partito più presente con 7 ore 41 minuti (il 38,34% dello spazio dedicato ai partiti), a cui aggiungere  2 ore e 32 minuti per il capo del Governo e 3 ore e 43 per ministri e sottosegretari (PD e NCD). Agli altri restano 3 ore e 29 per Forza Italia, 3 ore e 16 per Lega Nord, 1 ora e 22 per il Movimento5stelle e ben 44 minuti per Sinistra Ecologia Libertà. Qui si evidenzia l’effetto Salvini che spinge la Lega a una sovrarappresentazione, e la ritrosia dei grillini alla partecipazione ai talk show che riduce il dato del M5S.

Nel complesso, appare evidente che la Rai, che costa 2 miliardi all’anno alle nostre casse per svolgere servizio pubblico, continua a svolgere un ruolo di servizio di comunicazione governativa che è agli antipodi di una libera e corretta informazione. Con l’aggravante che, mentre un tempo vigeva una sorta di ripartizione rigida ma non scritta degli spazi, chiamata spregiativamente lottizzazione, che dava a ciascuno accesso all’informazione pubblica secondo la propria consistenza elettorale e parlamentare (che nella prima repubblica coincidevano), ora, dopo la cura berlusconiana, l’informazione è al servizio di singoli potenti di turno. Una sorta di premio di maggioranza dell’informazione pubblica che punta a rafforzare i già forti e penalizzare tutti gli altri. L’informazione, insomma, come cane da guardia del potere, non nel senso inglese di controllare il potere, ma nel senso di proteggere il potere azzannando chi vi si voglia avvicinare.

Da quando Berlusconi non è più a capo del Governo, il tema della libertà di informazione e della obiettività e imparzialità del servizio pubblico è stato messo in un angolo. Non perché il problema non esista più, ma perché della patologia dell’informazione italiana oggi sono altri ad avvantaggiarsene.tg

E invece  bisognerebbe riprendere questa battaglia, a sinistra, specie ora che il governo e la sua maggioranza stanno procedendo ad una riforma della Costituzione e della legge elettorale volte a ridurre ulteriormente gli spazi di democrazia del nostro sistema

Rai, un servizio ben poco pubblicoultima modifica: 2015-02-11T00:58:58+01:00da sdluca1
Reposta per primo quest’articolo