Se la sinistra fa politiche di destra

Ernesto Galli della Loggia ha scritto qualche giorno fa che in Italia la sinistra ha una risorsa in centro_destra_sinistra_altredirezionipiù rispetto alla destra, per il fatto che la destra, una volta arrivata al governo, deve fare politiche di destra. Mentre la sinistra, una volta al governo, può fare anche politiche di destra, perché comunque la compattezza del suo elettorato gli consente di non perdere voti ma anzi di acquistarne dal bacino del moderatismo. Anni fa si era soliti invece sostenere che l’elettorato di sinistra era il più esigente e critico verso i suoi dirigenti. In realtà si è verificata una separazione nel cosiddetto “popolo della sinistra”, quello che, quando esistevano le coalizioni, riusciva a prendere più del 50% dei consensi elettorali: nel 2006 la coalizione de L’Unione prese 19milioni di voti (di cui 12 milioni la lista L’Ulivo alla Camera), superando di un soffio la coalizione di centrodestra. Nel 2008 la coalizione veniva archiviata e maledetta da Walter Veltroni, segretario del neonato PD, che con la proclamazione dell’autosufficienza provocava la crisi di governo facendo scatenare Mastella e Dini, e scaricava poi tutte le responsabilità sulla sinistra. Il Pd si allea solo con Italia dei Valori, dietro promessa di una successiva confluenza: la minicoalizione viene rovinosamente sconfitta e porta a casa 13,6 milioni di voti, di cui 12 del PD. Siamo dunque a meno 5,4 milioni di voti rispetto all’Unione prodiana. Con le elezioni del 2013 il PD arriva a 8,6 milioni e la coalizione a 10 milioni. Ancora più giù.

Allora la separazione che si è verificata è quella tra l’ampio e variegato popolo della sinistra, che oggi andrebbe chiamato del “centrosinistra”, e la parte più politicamente organizzata che si è concentrata nel contenitore del PD. Una separazione che da una parte ha creato lo spazio per la nascita del fenomeno 5 stelle  e dall’altra ha alimentato l’astensionismo. Si è trattato di una scelta ben precisa e consapevole, guidata dall’idea che la governabilità richieda un restringimento della rappresentanza, quindi basta con coalizioni larghe: governino invece partiti o mini coalizioni omogenee. Il che comporta introdurre meccanismi maggioritari nella legge elettorale per far sì che delle minoranze elettorali possano diventare maggioranze parlamentari e non dover faticare nella costruzione di accordi con le altre minoranze. Il che comporta non puntare a rappresentare la maggioranza del paese ma la più grande minoranza dell’elettorato.

Questa separazione ha anche separato la parte più esigente, a volte intransigente, dell’elettorato di sinistra, da quello più disposto a transigere sui contenuti in nome dell’appartenenza a una organizzazione. Dentro il PD si è travasato quello spirito di militanza acritica e quel conformismo rispetto alle direttive del Partito, che nel PCI avevano ben altre ragioni storiche e culturali.

Non è dunque la sinistra in quanto tale, come scrive Galli della Loggia,  che garantisce a Renzi libertà di scorrazzare a destra, ma quel fenomeno peculiare nel contesto occidentale che è il contenitore  PD. Quando quella base oggi paralizzata dentro una suggestione continuista si metterà in movimento e diventerà esigente, e qualche segnale importante c’è, allora potrà chiudersi la stagione delle intese innaturali di palazzo tra i manovrieri, fatte sulla pelle degli italiani, e potrà forse frenarsi la deriva centrista e destrorsa di un soggetto dalle nobili origini progressiste.

Se la sinistra fa politiche di destraultima modifica: 2015-02-12T11:57:30+01:00da sdluca1
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