La disfatta pianificata

La sequenza storica dei risultati del centrosinistra alla sfida delle regionali è particolarmente impietosa nella sua chiarezza: elezioni 1995, candidato Bentsik 32,34% ( più il 6,86% di Paolo Cacciari per Rifondazione), nel 2000 Massimo Cacciari fa il 38,22%, nel 2005 Massimo Carraro 42,35%, Giuseppe Bortolussi 5 anni fa il 29,07%. Oggi Alessandra Moretti fa il 22,07, a cui al massimo sommare a sinistra lo 0,9 di Altro Veneto. Se si guardano i voti assoluti le cose vanno anche peggio. Il centrosinistra è sempre sopra al milione di voti fino a quando si scende a poco più di 750.000 con Bortolussi e ora poco più di 500.000.
Questa volta qualcuno pensava che si potesse invertire la tendenza affidandosi al traino irresistibile del renzismo, capace di parlare più alla propria destra che al tradizionale insediamento sociale del centrosinistra, di persuadere al proprio progetto di cambiamento più i ceti di riferimento del centrodestra che quelli del centrosinistra. Non si spiega altrimenti come sia stato possibile impostare una campagna elettorale che è parsa una corsa suicida, soprattutto nelle ultime settimane.
L’idea di far sfilare in Veneto i ministri del governo nazionale, e il primo ministro, proponendo all’elettorato più una controfigura locale del capo nazionale anziché una leadership autonoma per il Veneto, è stata infatti una idea di campagna elettorale incomprensibile. Far presentare le liste della coalizione ad un ministro divisivo, dall’operato perlomeno controverso, e dalla statura politica e culturale inconsistente, come la ministra Boschi, è stato uno sfregio alla coalizione e un messaggio chiaro a chi si sente di centrosinistra ma non si esalta fideisticamente attorno alle decantate riforme del Governo. Il messaggio era quello di stare a casa. Accentuare la dedizione al capo e a tutte le operazioni di rottura operate dal governo rispetto a settori sociali fondamentali come i lavoratori, i pensionati, il mondo della scuola, senza dedicarsi alla costruzione di un profilo autonomo di coalizione progressista del Veneto e per il Veneto, è stata una scelta precisa, opposta a quella, ad esempio, di Emiliano in Puglia, capace invece di marcare la propria autonomia rispetto all’operato del governo, che ha rafforzato e fatto esplodere l’ostilità e la diffidenza verso una candidatura apparsa fin dall’inizio come ben poco naturale e figlia di un cedimento della politica al marketing e all’apparenza rispetto alla sostanza. L’operazione non ha funzionato nemmeno tra gli elettori del PD, che secondo SWG in 169.000 rispetto alle europee scelgono l’astensione. E’ finita insomma la luna di miele. Tantomeno questa operazione poteva essere funzionale ad allargare il consenso in una regione strutturalmente poco propensa a pensarsi come un provveditorato del governo. Il rammarico è che tutto questo non era scontato. Qualcuno ha iniziato a puntare il dito contro la conduzione della campagna elettorale appaltata all’esterno, a uno di quei soliti spin doctor che oggi dominano purtroppo le campagne elettorali del centrosinistra e che in questo caso ha chiaramente dimostrato di non aver colto né la fase che il paese sta attraversando né le peculiarità del territorio e della società veneta. Ma qualcuno quello spin doctor l’ha voluto, forse imposto.
La sinistra, in questo contesto, sia perché divisa sia soprattutto perché poco capace di presentarsi comunque con una propria netta fisionomia e un proprio progetto, ricorrendo a un triciclo di simboli o di nomi, non è stata in grado di bloccare la fuga dal voto e di raccogliere la disillusione e il disagio che sempre più si diffonde tra il popolo del centrosinistra rispetto alla torsione liberista e leaderistica del maggior partito di riferimento. Questo rende urgente la costruzione di un riferimento nuovo e credibile, che riprenda in mano la prospettiva di una sinistra di governo all’altezza dell’epoca contemporanea, non ammalata di minoritarismo né di senso di superiorità; una prospettiva ormai completamente abbandonata dal nuovo corso renziano, che oggi dimostra di non essere neppure più la chiave che apre tutte le porte e vince tutte le elezioni.

La disfatta pianificataultima modifica: 2015-06-04T23:01:01+02:00da sdluca1
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